giovedì 2 settembre 2010

So 90's

Tumblr mi ha ispirato. Leggendo il post di una Una voce a caso sulle sue 100 canzoni degli ani '90 sono partiti random nella mia testa i ricordi di quegli anni, legati in un modo o nell'altro alla musica. Leggevo la lista, ricordavo e sorridevo da sola.

Le audiocassette, tante, da 60, 90 minuti, vergini, per poter creare le compilation con i brani preferiti. Scartavo il cellophane, giravo con il ditino la rotellina del nastro fino a posizionarlo nel punto giusto per iniziare la registrazione e aspettavo che per radio passasse la canzone che mi piaceva. E così avevo tutte cassette con canzone monche, che iniziavano con 10 secondi di ritardo e finivano con "e ben tornat" "abbiamo ascolt".

Il primo Hi-Fi, con l'equalizzatore a 3 bande, doppio vano cassette, e il lettore Cd. Non avevamo ancora Cd in casa così andammo a pescare nella sterminata discografia di mio zio che spaziava da Carmelo Zappulla a Nino D'Angelo. Fu così che le prime note emesse dalle nostre nuove casse furono quelle di "Nu jeans e na maglietta".

Le prime Boy-band, i Take That, la domanda d'obbligo: "quali dei Take That ti piace?" Io non li sapevo distinguere e non è che mi interessassero molto, ma era obbligatorio avere il preferito e siccome i più belli se li erano già scelti a me toccò il cicciobombo.

I compiti a casa delle amiche, all'improvviso nel bel mezzo dello svolgimento di un equazione partiva "What is love baby don't hurt me, don't hurt me, no more" tutte si alzavano e ballavano al centro della stanza. Erano i momenti in cui avrei preferito morire, io tronco nacqui e i tronchi non ballano, al massimo ciondolano.

La prima volta che ho fatto ascoltare un brano che mi piaceva molto ad una amica, era "Worlds outside" di Chris Botti. Lei mi guardò con aria schifata e fermò il nastro. "Ora ascoltiamo quello che dico io" disse. Ci rimasi di merda. Anni dopo mi sono vendicata rivelando ai suoi amici che darkettona-alternativa era stata una grande fan dei Take That. Quando lo seppe mi minacciò di morte. Sì, era pazza.

La sera d'estate in cui ho ascoltato una canzone che mi ipnotizzò per 5 minuti e 08 secondi. Solo qualche tempo dopo scoprii che quel brano era Unfinished Symphathy e che quelli erano i Massive Attack.

L'anno in cui in casa arrivò mio cognato, molto più grande di me e con un bagaglio musicale tutto nuovo, divenne una sorta di fratello maggiore, mi fece conoscere Springsteen, i Dire Straits, i Pink Floyd, gli U2, i Simple Minds, i Litfiba e gli Spyro Gyra (chi?). Se per caso a metà degli anni '90 avete incrociato una Uno bianca con musica jazz fusion a tutto volume sappiate che eravamo noi.

Il giorno in cui ho comprato una rivista musicale "seria", tornai a casa tutta contenta, mia madre chiese "hai preso un bel voto?" "No", risposi "ho trovato un giornale che mi piace". Roteò gli occhi "Ti accontenti di così poco", disse e tornò a lavare le scale. Era Musica rock & altro, il supplemento di Repubblica, era una bella giornata di sole ed era il 14 maggio 1998.

Quando al mio compleanno un amico mi regalò l'intera discografia dei Nirvana, il giorno dopo mi chiese se mi fosse piaciuta io gli dissi di sì, ma mentii, non avevo ascoltato nulla perché c'avevo sonno e mi addormentai.  Non l'avessi mai fatto, iniziò tutto un discorso filosofico sui Nirvana che affrontai annuendo e ripetendo "sì certo, l'alienazione, la rabbia, come no, mmmm, concordo". Non mi sono mai sentita così scema.

E poi di nuovo le boy-band, le Spice, i Backstreet e no grazie, passo.

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